Il rumore del vuoto
Andrea sa esattamente cosa fare. Lo sa sempre. Gli altri sembrano impantanati nelle loro insicurezze, ma lui no. Ha imparato presto che nella vita contano la determinazione, il controllo, la capacità di adattarsi senza farsi coinvolgere troppo.
Eppure, ogni tanto, qualcosa si inceppa.
Quella sera, a cena con amici, ascolta le loro storie, ride nei momenti giusti, interviene con battute brillanti. Tutto fila liscio, finché qualcuno non gli chiede: “E tu come stai?”
Un attimo di vuoto. Una frazione di secondo in cui non trova la risposta. Non perché non voglia dirlo, ma perché davvero non lo sa.
“Benissimo!”, risponde, con un sorriso perfetto.
Ma mentre il discorso si sposta su altro, un senso di fastidio gli rimane addosso. Si chiede se sia stanchezza, noia, irritazione. Prova a scandagliare dentro di sé, ma non trova nulla di chiaro, solo un ronzio sottile, un’assenza.
A casa, nel silenzio della sua stanza, si guarda allo specchio. Ogni giorno costruisce con cura la sua immagine, ogni gesto è calibrato. Eppure, certe volte, sente qualcosa sfuggirgli, come se ci fosse una distanza invisibile tra lui e la persona riflessa.
Si sdraia sul letto e chiude gli occhi. Forse non è importante capire. Forse domani andrà meglio. Eppure, per la prima volta, un pensiero si insinua: e se esistesse un altro modo di sentirsi vivi?